La rete è davvero una ragnatela estremamente intricata di informazioni, eppure la stragrande maggioranza delle aziende di marketing (e non solo quelle) è in grado, in modo più o meno velato, di districarsi con enorme maestria e raccogliere informazioni anche piuttosto precise relative alle abitudini degli utenti, al fine di migliorare i propri prodotti o i prodotti dei propri clienti.
Si sente quindi parlare di social marketing tramite plugin (come “Mi piace” e “+1”) o tramite veri e propri cookie contenenti ID univoci, di analisi tramite funzionalità più o meno nascoste nelle app mobile… ma ciò che piuttosto spesso passa in sordina sono le pratiche di analisi di mercato messe a punto tramite la sola apertura di una email.
In due parole: email tracking.
Cosa è l’email tracking e da dove nasce?
Che siate sostenitori, detrattori o semplicemente non vi interessi, l’email tracking esiste sebbene se ne parli poco e, anche se molte agenzie hanno finito per abusarne, esattamente come i banner e lo spam anche questo meccanismo nasce con un intento nobile: quello di rassicurare il mittente del messaggio sulla corretta ricezione.
Si, perché all’inizio dei tempi il più rudimentale strumento di email tracking era la conferma di lettura: il mittente poteva (e può ancora) specificare la richiesta di una conferma di lettura del messaggio, una sorta di “ricevuta” che sarebbe tornata indietro nel momento in cui il destinatario apriva l’email; un po’ come una ricevuta di ritorno ma spedita e consegnata praticamente in tempo reale (in inglese prende infatti il nome di “Read Receipt”).
Se è vero – come è vero – che i maggiori client mail e servizi web sono in grado di allegare ai messaggi di posta la conferma di lettura, è pur vero che tali client la notificano al destinatario, mettendolo di fronte alla scelta di confermare o meno al mittente l’avvenuta lettura del messaggio.
E se ciò all’inizio – e ai tempi dei “nobili scopi” – poteva andar bene, tale scelta non è piaciuta alle agenzie di marketing che, a suon di conferme, potevano (e possono) collezionare dati per le proprie ricerche.
Sono proprio le agenzie di marketing ad aver un attimino “rivoluzionato” questo concetto.
L’email tracking in tempi moderni
Prima di capire in che modo le agenzie di marketing ad oggi utilizzano l’email tracking per le loro pratiche, è bene comprenderne il perché.
Tracciare un messaggio di posta può rivelare informazioni estremamente interessanti ai fini analistici, big data che farebbero gola a chiunque: tracciando un messaggio di posta, si può scoprire in larga scala….
- se gli utenti leggono o meno il messaggio, così da comprendere la percentuale di gradimento ed eventualmente di renderlo più appetibile;
- se gli utenti inoltrano o meno il messaggio, così da comprendere se il contenuto è di interesse ed è possibile affidarsi alla cosiddetta “macchia d’olio”;
- quale client di posta gli utenti utilizzino e quale sia l’indirizzo IP da cui il messaggio viene ricevuto, così da avere un chiaro quadro di attitudini di navigazione e di localizzazione;
- se il messaggio viene o meno consegnato, in altre parole se sopravvive o meno ai filtri anti-spam; in caso negativo, l’agenzia può decidere di modificarne il formato o di cambiare l’alias mittente (ormai “bollato” come spammer);
- quanto spesso gli utenti cliccano nei link contenuti all’interno del messaggio, così da rendersi conto se i contenuti proposti sono appetibili o meno…
e tantissime altre informazioni che vengono usate per fini statistici.
Nulla di illegale, quindi, tuttavia alla gente non sempre piace sentirsi “osservata”, per cui le semplici ricevute di ritorno non bastano più (poiché l’utente è perfettamente consapevole che qualcuno, da qualche parte, sa quantomeno che il messaggio è stato letto) e si è rivelato necessario trovare il modo di “farla sotto al naso” all’utente dandogli l’illusione di non essere tracciato.
Dalla conferma visibile all’immagine… nascosta
Vi siete mai chiesti perché diversi client di posta (sia desktop che mobile) offrono la possibilità di scaricare le immagini e qualche volta anche il contenuto soltanto dopo aver espresso una esplicita conferma, o di bloccare i link cliccabili (accessibili comunque tramite copia-incolla nel browser)?
Bene, sappiate che non è soltanto per motivi di banda. Tra un attimo scoprirete il perché.
Come vi spiegavo nel paragrafo precedente la parola d’ordine è diventata “Nascondere”: insomma, l’agenzia di marketing deve raccogliere i suoi dati pur dando all’utente l’illusione di passare inosservato.
Ed è per questo che il codice per inviare la conferma di lettura – ma non solo quella – viene “incluso” nelle immagini e può comparire anche nei link ipertestuali contenenti allegati, link a pagine web o altri contenuti.
Il criterio è semplice: in un messaggio creato ad-hoc, scaricare un’immagine contenuta in esso – ammesso che questa immagine abbia un indirizzo univoco – permette al server che la eroga di sapere che in quel momento l’immagine viene richiesta.
Visto che l’unico ad avere quel preciso indirizzo è il destinatario del suddetto specifico messaggio, di conseguenza il server può dedurre che il messaggio sia stato letto.
Ancora, cliccare su un link o scaricare un allegato può attivare altre procedure con il medesimo obiettivo, in grado di notificare all’agenzia mittente a quanti ed a quali contenuti l’utente abbia consapevolmente avuto accesso.
Spesso, per rendere ancor più “invisibile” ed “impercettibile” questo processo, le aziende allegano ai messaggi di posta un’immagine invisibile (“Pixel”, dalla dimensione di 1 pixel – appunto) tramite la quale effettuare la tracciatura o peggio ancora, inviano l’intero messaggio di posta in formato immagine con annesso chiaramente il codice di tracking – per cui, se il download delle immagini non viene effettuato, il messaggio non può essere letto.
Per collezionare e successivamente inviare le informazioni necessarie, un codice può generare ed utilizzare cookie e/o web beacon e/o web bugs, oltre ovviamente ai “pixel” di cui vi parlavo prima, a seconda del dispositivo da cui il messaggio viene letto.
Si può evitare l’email tracking?
Con un minimo di attenzione e la collaborazione del proprio client di posta si, se proprio il pensiero vi infastidisce potrete limitare al minimo (e in qualche caso addirittura azzerare) la probabilità di cadere “vittime” dell’email tracking.
Se ad esempio utilizzate un client desktop o mobile, potrete impedire l’invio automatico delle conferme di lettura su richiesta, il download automatico delle immagini, degli allegati e l’hyperlinking (ovvero quel meccanismo che rende cliccabili automaticamente i link).
Chiaramente tutto ciò ha un costo: nessun contenuto verrà più scaricato automaticamente e dovrete arrendervi all’idea di dover fare click, tap o spasmodici copia/incolla anche per i messaggi “innocui”.
Per quanto riguarda l’accesso alle email tramite client web (in pratica tramite il browser) le cose sono un po’ diverse e bisogna affidarsi ad alcune estensioni: ad esempio UglyEmail per Google Chrome è in grado di segnalare a priori un’email Gmail con fini di tracking direttamente tramite sul client web mentre PixelBlock, sempre per l’analogo browser, è in grado di bloccare l’invio di informazioni di tracking al mittente del messaggio.
Per Firefox, invece, potrete far affidamento sulle “classiche” estensioni come ad esempio Ghostery. Con un po’ di ricerca è possibile trovare anti-tracker anche per tutti gli altri browser.
Ma l’email tracking è legale?
Beh.. ritorniamo al discorso più vecchio del mondo: essere tracciati è legale nel momento in cui si diviene consapevoli di esserlo e ciò succede accettando i termini di utilizzo di un servizio web, di una mailing list e quant’altro.
Per farla breve, considerando lo scarico di responsabilità ed i termini con cui la maggior parte dei servizi si “tutela” da eventuali denunce e querelle – classica la frase “Accettando di iscriverti autorizzi il portale XYZ a cedere alcune informazioni a partner e servizi di terze parti” – si, la maggior parte delle pratiche di email tracking è perfettamente legale e per di più autorizzata esplicitamente dall’utente stesso (che poi sia l’utente a mettere alla cieca spunte e conferme senza leggere per esteso i termini di utilizzo è affar diverso).
Anzi, vi dirò di più: l’email tracking è una pratica offerta alla luce del sole – e a caro prezzo – dalla stragrande maggioranza delle agenzie pubblicitarie o di analisi dei dati, poiché rappresenta una fonte di informazioni praticamente sconfinata alla quale affidarsi per perfezionare sempre più i propri prodotti.
Ed il fatto che possa anche essere considerata immorale e guardata male è un altro paio di maniche ma, Machiavelli dixit, il fine giustifica i mezzi.
Che poi esistano dei veri e propri tutorial su come creare del codice di tracciatura che chiunque possa infilare silenziosamente nei propri messaggi di posta… beh, quella è un’altra storia.