E’ passato poco più di un mese da quando Google ha presentato al mondo il suo gioiello privato e molti di noi, pur frenati dalla spesa non indifferente, sono in attesa che questo arrivi sul mercato con la più classica delle acquoline in bocca.
Il Pixel, nelle sue due varianti, rappresenta il vero esordio di casa madre nel mercato tecnologico più importante degli ultimi anni e porta con sé un valore che va al di la della semplice equazione sistema operativo-hardware, tipica dell’universo Apple al quale sembra ispirarsi.
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Come ben sappiamo infatti l’elemento di distinzione principale dei Pixel rispetto ad altre teste di serie risiede non più nell’esibizione della versione stock di Android che distingueva i fu Nexus, ma nell’esecuzione pratica della visione che Google ha di sé stesso per l’immediato futuro: Assistant, la propria versione di intelligenza artificiale.
E proprio quest’ultima, che chiameremo anche noi in gergo AI, è ormai da mesi l’argomento del giorno di quasi ogni blog di tecnologia.
AI è, come l’ha definito Sundar Pichai – CEO di Google – proprio poco prima della presentazione del Pixel, la protagonista della prossima era tecnologica, dopo il decennio in cui il computer è finalmente diventato personal, dopo l’esplosione del world wide web e dopo l’ultimo decennio in cui il mondo, il personal computing e lo stesso web sono diventati mobili.
AI è, come dato di fatto, il segmento sul quale si stanno concentrando le principali risorse dei giganti della tecnologia mondiali: Google, appunto, Apple, Microsoft, Amazon, IBM, Facebook, ma anche piccole start up, stanno infatti tutte investendo in piattaforme software che potrebbero avere, assieme all’esplosione dei bot nelle chat di messaggistica, la capacità di invertire alcuni rapporti di forza e rendere meno importanti ecosistemi che oggi girano prevalentemente attorno agli app store di iOS e Android.
A testimoniare l’importanza del settore è arrivata, con meno di 24 ore di ritardo dopo la presentazione del Pixel, la notizia con cui Samsung annunciava l’acquisizione del piccolo team già responsabile in passato della creazione di Siri, che con il Viv sembra abbia trovato la soluzione per rendere la conversazione con l’AI il più naturale possibile, rendendo Viv stesso in grado di generare nuovo codice per imparare nuove operazioni ogni qualvolta ce ne sia bisogno.
Nel più classico degli enigmi come quello dell’uovo e della gallina, non ci è dato sapere se Mountain View abbia deciso d’impegnarsi in prima persona avendo realizzato che il produttore più importante del mondo Android – e quindi maggior “fornitore” dei vari servizi che ruotano attorno a Google – e se stesse progettando di andare oltre esso proponendo la propria fonte di sapere e di servizi, oppure se in Corea abbiano deciso di rispondere in tempi brevi all’affronto sul mercato di Google.
Fatto sta che ci abitueremo sempre più a colloquiare con i nostri dispositivi, sia attraverso il nostro smartphone, che resta ancora l’epicentro dell’ecosistema, sia attraverso oggetti d’ogni tipo, dagli smartwatch agli AirPods di Apple, dagli speaker intelligenti come Amazon Echo o Google Home, a quelli che in futuro, come ha già fatto intendere la stessa Samsung, potrebbero essere i nostri elettrodomestici.
Nel frattempo abbiamo visto come tutti i protagonisti stiano attrezzando i propri “agenti” con kit di sviluppo per connettere servizi di terze parti e come molti piccoli produttori hardware stiano servendosi di servizi come Alexa di Amazon per mettere sul mercato le proprie alternative, partendo da dispositivi indossabili o tascabili per arrivare a simpatici robot di compagnia.
Apple, intanto, ha iniziato anch’essa a dotare Siri di nuove capacità e grazie ad alcune mirate acquisizioni nel settore promette a poter competere presto con i più acclamati Google Assistant o Cortana, con quest’ultima che sembra ancora troppo legata all’universo dei personal computer dove Microsoft è padrona.
Auto, speaker, smartphone, auricolari, orologi, PC, elettrodomestici. Tutto sarà rivoluzionato. Tanta carne al fuoco insomma, molto interesse e molta curiosità.
Tra i protagonisti da tenere d’occhio c’è senza ombra di dubbio Facebook, che nell’AI sta investendo pesantemente ma non ha ancora palesato come intende rendere pubblici i propri sforzi, se non per l’esperimento californiano di M. M è un bot primordiale dell’emisfero Messenger, misto di AI e intervento umano e per quel sosia di Jarvis (vedi Iron Man) che a quanto pare Zuckerberg sta cercando di realizzare in casa propria.
Negli ultimi giorni ha destato curiosità la notizia secondo la quale il segretissimo laboratorio Building 8, che dovrebbe essere responsabile degli esperimenti di Facebook in chiave hardware, stia assumendo un considerevole numero di ingegneri con specifiche conoscenze del mondo Android tra cui molti che hanno lavorato fino a poco tempo fa al progetto di smartphone modulare Ara che Google ha deciso di chiudere dopo anni d’investimenti.
La notizia non poteva che scatenare rumors secondo i quali anche il gigante dei social network potrebbe voler realizzare un proprio smartphone, il che potrebbe voler dire avere un altro “verticale”, cioè un’azienda che sviluppa il software e l’hardware sul quale esso esegue le proprie operazioni e “impone” i propri servizi.
Facile a questo punto immaginare come Sundar Pichai avesse ragione nell’affermare il passaggio epocale. Facile immaginare come in futuro potremmo contare ognuno di noi su un agente preferito o su diversi per esigenze diverse. Entrare in casa e chiedere al nostro assistente virtuale di accendere le luci, riscaldare o rinfrescare l’ambiente, suonare un pò di musica e ricordarci gli appuntamenti del giorno.
Ordinare al supermercato ciò che manca in frigo e pagare con un click, far partire il ciclo della lavatrice, o magari chiedergli di aprire la porta quando nostra suocera viene a portarci la zuppa e noi siamo a fare un aperitivo in città.
Siamo solo all’inizio di questa rivoluzione ma possiamo dare per scontato che questo è il futuro che ci aspetta, affascinante e a tratti preoccupante. Saremo presto testimoni di novità tecnologiche esaltanti, di acquisizioni importanti o annunci di collaborazioni.
Affideremo con forse sempre meno timori le nostre vite digitali ad agenti che dovranno sapere tutto di noi per poterci servire meglio. Siamo sul serio alle soglie di una nuova epoca dell’umanità, forse il cambiamento davvero più radicale dalla scoperta della corrente elettrica. Magari perderemo un pò di umanità. Molti mestieri spariranno e forse si dovrà ripensare interamente la società.
E molti tra i più giovani di oggi forse ci chiederanno come abbiamo fatto a vivere noi “adulti”, prima di tutto ciò.