Qualche mese fa vi avevamo parlato di come l’operatore nazionale TIM, per seguire “le richieste di mercato” – leggasi: portare l’utenza ad approfittare delle ben più costose offerte flat a dispetto di un abbonamento standard minimo – aveva unilateralmente imposto, con ovvio diritto di recesso, una modifica unilaterale ad alcuni tipi di contratti Voce e ISDN (in particolare quelli non dotati di nessuna opzione flat) con rimodulazione al rialzo del costo delle chiamate da fisso, raddoppiate da 10 a 20 €/cent al minuto.
Numerosi clienti hanno storto il naso di fronte a questa notizia e, come era giusto fosse, l’AGCOM – l’Autorità Garante delle Comunicazioni – ha avviato un’analisi del provvedimento imposto da TIM.
Durante le scorse ore è arrivato il verdetto: l’AGCOM ha bloccato l’aumento imposto da TIM per le tariffe relative alle chiamate vocali da fisso, approvando un provvedimento di diffida. Il motivo è semplice: sul mercato non sussistono le condizioni una modifica simile a quello che è ritenuto un servizio universale, né il potere d’acquisto degli italiani è aumentato per giustificarla.
L’aumento del 300% del prezzo delle chiamate nazionali da linea tradizionale, in parte componenti del servizio universale,non appare giustificato da condizioni economiche generali, quali l’andamento dei prezzi al consumo o l’aumento del potere di acquisto degli italiani. Al tempo stesso un aumento così consistente, che va a sommarsi all’aumento della componente canone mensile degli ultimi tre anni, presenta un alto rischio di esclusione sociale dalla c.d. rete di sicurezza,il cui accesso e altri servizi di base sono sottoposti agli obblighi di servizio universale.
Un aumento del genere, secondo l’AGCOM, potrebbe dunque rappresentare un serio ostacolo sia per il libero e trasparente mercato sia per l’usufrutto di un servizio da ritenersi universale da parte delle fasce di utenza a disagio economico, sociale o con disabilità.
Contestualmente l’Autorità ha avviato un procedimento volto a determinare il metodo più efficace e adeguato per garantire, anche in prospettiva, la fornitura dell’accesso alla rete di sicurezza sociale e dei servizi minimi del servizio universale, che dovranno assicurare ai cittadini-utenti disponibilità, convenienza e accessibilità, quali condizioni necessarie per l’inclusione sociale.