Con l’avvento di smartphone e tablet e con la diffusione sempre maggiore dei dispositivi di acquisizione digitale, almeno una volta nella vita ciascuno di noi si è imbattuto in quella cartella caratteristica delle fotocamere e degli smartphone/tablet che ne dispongono e nella quale, puntualmente, si trovano tutte le foto scattate. Si, stiamo parlando della cartella DCIM.
Ma vi siete mai chiesti perché quella cartella ha esattamente quel nome e per quale motivo i file in essa contenuti seguano un preciso ordine – apparentemente incomprensibile – su quasi tutti i dispositivi di acquisizione video digitale? Se ve lo state chiedendo, non dovete far altro che continuare a leggere.
Cosa significa DCIM
La sigla DCIM sta per Digital Camera IMages – ovvero immagini da fotocamera digitale – e trova origini in uno standard creato nel lontano 2003 dalla JEITA – associazione giapponese che riguarda in generale l’elettronica e l’IT, di cui fanno parte nomi autorevoli nel campo delle fotocamere digitali come Canon, Samsung, Sony, Siemens e tanti altri – standard che risponde al nome di DCF – che sta per Design rules for Camera Filesystem (ovvero regole di design per i filesystem delle fotocamere).
Tale standard fu fondato, appunto, per far sì che i formati adottati dalle schede di memoria fossero compatibili con qualsiasi fotocamera digitale – e, successivamente, riconoscibili dai vari sistemi operativi dedicati alla lettura di esse. In parole povere, DCF cerca di garantire l’interoperabilità tra sistemi operativi del settore disomogenei: ad esempio, lo standard ha cercato di assicurarsi che i contenuti di memory card presenti in una fotocamera possano essere visualizzati anche su fotocamere differenti dall’originale senza il bisogno di formattarla.
Cosa è la cartella DCIM e a cosa serve
In particolare la cartella DCIM ha un ruolo ben specifico all’interno del filesystem di una fotocamera digitale, di una memory card utilizzata da essa o da qualsiasi altro dispositivo ne sia dotato (che sia uno smartphone, un tablet, un combinabile e quant’altro): in essa vengono salvate praticamente tutte le foto scattate. La cartella DCIM può contenere a sua volta altre cartelle con una nomenclatura ben precisa: un numero iniziale composto da tre cifre (variabile da 100 a 999) ed una sigla composta da 5 caratteri.
Il numero serve a distinguere l’ordine con cui vengono create le sottocartelle da una stessa tipologia di dispositivo: una sottocartella di DCIM può contenere fino a 999 immagini o video, dopodiché ne viene creata un’altra con prefisso progressivamente maggiore di un’unità – questo perché le cartelle con numerosi elementi possono rallentare le prestazioni della fotocamera.
I cinque caratteri successivi, invece, denotano il tipo di fotocamera che acquisisce le immagini. Ad esempio:
- ANDRO sta per Android;
- APPLE sta per Apple;
- NIKON sta per Nikon;
- CANON sta per Canon;
- MEDIA è usato in maniera generica nel caso non sia disponibile l’identificativo della fotocamera
Anche i nomi dei file – che siano immagini, video o file audio – sono composti secondo un criterio: essi iniziano con una sequenza di quattro caratteri – solitamente DSC_, DSC0, DSCF, P000, IMG_ o MOV_ e sono seguiti da un numero a tre cifre compreso tra 100 e 999 che permette di identificarne l’ordine di acquisizione. A seconda del tipo di oggetto acquisito i file avranno estensione diversa (ad esempio .jpg, .png, .raw per le immagini, .mov, .mp4 o .3gp per i video, .wav per gli audio e quant’altro).
E’ inoltre possibile trovare altri file con estensione .THM che identificano i metadati dell’oggetto corrispondente – ad esempio, il file DSC_001.THM conterrà i metadati dell’immagine DSC_001.jpg. Per intenderci, una directory DCIM potrebbe essere così composta:
- DCIM
- 100ANDRO
- DSC_001.jpg
- DSC_001.THM
- DSC_002.mov
- DSC_003.jpg
- 101ANDRO
- DSCF001.jpg
- DSCF002.jpg
- ….
- 100APPLE
- IMG_001.png
- IMG_002.png
- ….
- 100ANDRO
Oltre che ad assegnare un ordine ben preciso al filesystem di fotocamere ed annessi, come già detto la cartella DCIM assicura l’interoperabilità tra i dispositivi in caso di “passaggio” di memory card.
Inoltre la sua presenza permette ai sistemi operativi per computer – ad esempio Windows – di “capire” che il dispositivo collegato contiene immagini acquisite tramite un dispositivo digitale e di mostrare il menu pertinente o, eventualmente, di importare le immagini in automatico ed aggiungerle alle gallerie o alle raccolte digitali.